L’inflazione galoppa, i mercati mutano, la digitalizzazione incalza e in tutto questo la produttività… ristagna.
Ecco in poche parole la fotografia dell’Italia del 2023, una Nazione che l’Eurostat continua a certificare come affaticata e impossibilitata a compiere quei processi di reskilling o upskilling necessari per adeguarsi ai tempi che corrono e dare un boost alla produttività.
Ma andiamo per gradi perché a questo problema diffuso esiste una soluzione accessibile gratuitamente da anni e molte aziende hanno già colto l’occasione al volo.
Upskilling e reskilling
Facciamo un passo indietro.
Già prima della pandemia globale, Boston Consulting Group vedeva la digital transformation e la globalizzazione come i due trend che da anni ridefinivano le dinamiche del mondo del lavoro.
La soluzione? Upskilling e reskilling, due processi grazie a cui aziende e dipendenti provano a rispondere attivamente e proattivamente al cambiamento in atto.
L’upskilling consiste nel potenziale le hard e le soft skills già proprie del proprio ambito di competenza, aumentando l’efficacia delle proprie prestaizoni alvorative e, di riflesso, la produttività generale.
Un po’ diverso è il reskilling che vede uno spostamento del focus del lavoratore verso un set di hard e soft skills più consone, più spendibili, più utili a fronte dei cambiamenti del mercato.
Entrambe le soluzioni, va da sé, passano per un momento di auto-analisi e di formazione.
La chiave è nella formazione
Anche senza scomodare le nozioni di upskilling e reskilling del Boston Consulting Group, è da sempre palese come formazione del personale sia fondamentale per rispondere alle esigenze dei clienti e rimanere competitivi sul mercato.
Nonostante questo molte aziende, soprattutto le piccole-medie imprese, continuano a considerare la formazione come un inutile spreco invece che come un investimento per il futuro. Penserebbero lo stesso se la formazione fosse messa a disposizione a costo zero?
Forse no, e proprio questo lo stato ha reso possibile formare i dipendenti senza spese con la legge 388 del 2000 che disciplina il settore della cosiddetta “formazione finanziata”. La normativa prevede che tutte le imprese possano destinare una quota corrispondente allo 0,30% dei contributi versati all’INPS ad uno dei fondi interprofessionali.
Bello! Ma organizzare dei corsi non è così banale. Chi trova il tempo per individuare le esigenze, definire un programma e trovare un docente? Per non parlare del fatto che sono finanziamenti pubblici, sicuramente la rendicontazione implica una gestione burocratica molto pesante…
E così le grandi aziende che possono certamente permettersi una gestione della complessità di questo calibro hanno iniziato a sfruttare la formazione finanziata per migliorarsi ulteriormente, mentre le piccole e medie imprese rimanevano ancora più indietro per distacco.
La formazione finanziata deve essere per tutti: come aiutiamo le PMI a gestire la complessità dei fondi
Il Gruppo FRASI, perseguendo la missione di cambiare il mondo una persona per volta, ha attivato un team specializzato in formazione finanziata per farsi carico di tutta la gestione organizzativa dei corsi per le PMI.
Dall’analisi del fabbisogno ai contatti con i docenti, dalla calendarizzare dei corsi all’individuazione delle aule, dall’invio degli inviti ai partecipanti all’erogazione effettiva dei corsi, fino ai feedback finali dei partecipanti. Dalla A alla Z.
Abbiamo deciso di farlo perché era giusto democratizzare l’accesso a dei fondi che sono destinati a tutte le aziende italiane.
Abbiamo deciso di farlo perché avevamo tutte le competenze interne per rendere questo piccolo miraggio realtà.
Ma soprattutto, abbiamo deciso di farlo a costo zero per l’azienda perché è così che si cambia davvero il mondo, una persona per volta.